Erto Un paese tenuto in “ostaggio” da un muflone aggressivo

Difficilmente si verrà a sapere se sia già stata eseguita o quando lo sarà. Di certo c’è soltanto l’ordinanza regionale con cui viene decretata la necessità di abbattere con urgenza un esemplare di muflone che da settimane sta creando pericolo per la pubblica incolumità a Erto e Casso. L’animale ha più volte manifestato comportamenti aggressivi e ha cercato persino di caricare un’anziana della zona. Per non parlare dei danni al locale allevamento di capre, costantemente preso di mira dall’ungulato. Nel 2014 una donna di Erto finì in ospedale a Belluno con contusioni e ferite proprio a causa di un muflone che si avvicinava troppo al centro urbano e attaccava l’uomo. In quel caso venne individuata una coppia di esemplari responsabile dei vari episodi di allarme sociale.

L’intento di evitare polemiche e proteste da parte degli ambientalisti ha portato gli uffici competenti a un certo riserbo sulle modalità di esecuzione del nulla osta, firmato dal dirigente Dario Colombi. Sarà la guardia forestale a mettere in pratica il documento dopo un lungo confronto tra Regione e Istituto nazionale per lo studio della fauna selvatica.

Il muflone è un ovino importato negli anni da altre zone d’Europa e ormai ben inserito nel contesto del Parco naturale delle Dolomiti friulane. La normativa che ha istituito l’ente di tutela ambientale non consente però la caccia a questa specie.

La Regione ha dovuto preliminarmente dimostrare l’urgenza della questione e chiedere una deroga ai divieti di legge. Tanto che la prima segnalazione di aggressività porta la data dello scorso 6 febbraio, mentre l’autorizzazione definitiva risale a due settimane dopo. Gli agenti della forestale avranno anche il compito di monitorare la situazione, denunciando il comportamento anomalo di altri capi stanziali in Val Vajont.

La convivenza con la popolazione locale non è mai stata facile se si pensa che qualche anno fa scoppiò il caso nazionale delle “stancapre”, ibridi nati dall’incrocio tra gli stambecchi del Parco e gli ovini degli allevamenti di fondovalle.

Anche in quel caso si giunse alla decisione di sradicare la nuova specie, portatrice di malattie potenzialmente decimanti per gli ungulati del Parco. Questi caproni non presenti in natura provocarono pure un curioso dibattito di competenze tra uffici, organismi di controllo e funzionari vari. (fonte Messaggero Veneto)

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