A Pontebba a fine anno una decina di culle non saranno più vuote, a Sauris la richiesta di abitazioni a uso residenziale è quasi costante e le Comunità di montagna, per contrastare la carenza di manodopera, stanno cercando, con l’Ente Friuli nel mondo, di riportare nei paesi natii i figli e i nipoti degli emigrati nei Paesi oggi in crisi. Sono piccoli segnali di una ripresa lenta che può portare ossigeno alla montagna del Friuli Venezia Giulia, dove, dal 2019 al 2023, il saldo migratorio chiude con un più 19,2 per mille. Lo certifica il rapporto Montagne Italia 2025 redatto dall’Uncem per analizzare un sistema che, sottolinea il presidente nazionale, Marco Bussone, deve poter contare su un’agenda europea e sulla collaborazione tra comuni che singolarmente non ce la fanno ad affrontare la complessità dei territori. I problemi sono molti, i sindaci riuniti, ieri, al Kursaal, a Sauris, per la presentazione del documento, lo hanno ribadito indicando le strade da percorrere che vanno dalla detassazione alla creazione di nuovi servizi e al coworking richiesto soprattutto dai vacanzieri pronti ad allungare la loro permanenza se hanno la possibilità di lavorare da remoto.
Il report
I dati analizzati dall’Uncem non evidenziano lo spopolamento dei luoghi, fenomeno per altro presente anche nelle città, bensì il saldo migratorio che, se a livello nazionale, dal 2019 al 2023, segna 100 mila ingressi oltre le uscite, più del 9 per mille della popolazione, in regione arriva al 19,2 per mille. Il confronto con lo stesso parametro rilevato dal 2014 al 2018 quando il saldo migratorio chiudeva con meno 9,37 per mille e una prevalenza di stranieri che arrivava al 115,62 per mille, conferma l’inversione di tendenza. Nove le comunità prese a riferimento in regione, non sempre corrispondenti alle Comunità di montagna: il report, a esempio, raggruppa Carnia e Canal del ferro un unico ambito. L’unica realtà con il saldo migratorio negativo (-13,58 per mille) è il Collio e il Natisone ma, in quest’ultimo caso, solo per quanto riguarda la presenza degli stranieri (-103,75 per mille). E se il tasso di occupazione si mantiene ovunque intorno al 40 per cento, quello della disoccupazione, in percentuale alla popolazione, non va oltre il 7,5 per cento. Tra le donne, in Carnia, nelle Valli del Natisone, a Gorizia e Trieste e nelle Dolomiti Friulane raggiunge l’8 per cento. La classifica si ribalta per quanto riguarda la presenza di imprese ogni 100 abitanti: qui troviamo il Collio è in testa con 14,3 realtà, mentre fanalino di coda risulta il Gemonese (5,5) che spicca per numero di imprese giovanili. Prevalgono gli artigiani con punte del 35 per cento nelle valli del Natisone. Inutile dire che le imprese agricole trovano terreno vertile sul Collio dove incidono sul 58,7 del Prodotto interno lordo. Negli altri ambiti tale percentuale si ferma al 22,4 per cento. Il Pil pro capite va invece da 9 mila 472 euro nelle Valli del Natisone a 30 mila 386 di Gorizia e Trieste. E se in Carnia si attesta a 1.279,2 euro nelle comuni delle Dolomiti friulane supera i 20 mila euro.
I sindaci
Di fronte a un saldo migratorio positivo i sindaci non se la sentono di cantare vittoria. «Per farlo dobbiamo insistere sulla creazione di nuovi servizi», sostiene il presidente Uncem regionale e sindaco di Pontebba, Ivan Buzzi, secondo il quale «dove vengono garantire le scuole, gli asili, il medico e i trasporti i riscontri ci sono». Non a caso a Pontebba è stato aperto l’asilo nido e si punta su coworking per rispondere alle richieste dei turisti che «anche quest’anno sono alla ricerca di spazi lavorativi da condividere per prolungare la loro permanenza qui». I sindaci osservano il fenomeno con prudenza: «A Sauris mancano case, i giovani che vorrebbero trasferirsi nel nostro bellissimo territorio non trovano alloggi», sostiene il sindaco Alessandro Colle, nel condividere la necessità di fare rete per valorizzare le risorse e diventare attrattivi. FMV