Pensare nuovi palcoscenici oltre a quelli tradizionali, spazi per intercettare i cambiamenti affrontando i temi importanti per il nostro futuro e la sostenibilità ambientale. Il Teatro Verdi di Pordenone sale in quota per promuovere l’attenzione del pubblico verso la montagna e le persone che la abitano.
Un progetto unico in Italia, giunto alla terza edizione, realizzato insieme al Club alpino italiano che quest’anno già dal titolo, “Vivere la montagna, vivere in montagna”, intende sollecitare la salvaguardia del territorio ma anche contribuire alla rivitalizzazione delle vallate e delle comunità montane del pordenonese con spettacoli, concerti, incontri letterari e di approfondimento scientifico.Si comincia domani, con la mise en éspace di “Disegno divino” di Christian Gallucci, testo vincitore del concorso “Oltre le nuvole” per la migliore drammaturgia di montagna (alle 20.30 al Teatro Verdi con ingresso libero).
Il cartellone de “Il Verdi in montagna” si caratterizza per un’ampia rete di collaborazioni, coordinate dalla direttrice del teatro Marika Saccomani: «Siamo promotori di un progetto a cui aderiscono 29 organizzazioni locali e nazionali: l’obiettivo è quello di stimolare la riflessione sulle conseguenze del cambiamento climatico in atto e sul fenomeno dello spopolamento e abbandono della montagna attraverso il linguaggio dell’arte».
Ad aprire il cartellone il teatrekking del 2 luglio a Erto e Casso, il primo evento ufficiale in ricordo dei 60 dalla tragedia del Vajont. Si partirà, infatti, dalla sommità della frana del Vajont dove si trova il suggestivo Bosco vecchio che si è formato dalla caduta di una porzione del monte Toc. Un doppio appuntamento (ritrovo e partenza alle 14.30 dall’area parcheggio) con Mattia Fabris e Jacopo Bicocchi: prima il teatrekking, una camminata intervallata da letture di brani di Dino Buzzatti, Tina Merlin fino al tema scolastico scritto da un ragazzino dopo la tragedia della diga (“Li animutis del Vajont”), seguito dallo spettacolo sulla vita del grande alpinista italiano Fausto De Stefani. Il Comune di Erto e Casso e la Fondazione Dolomiti Unesco hanno fortemente voluto che fosse percorso questo sentiero che si è formato naturalmente dopo la frana (percorribile senza difficoltà e della durata di circa 25 minuti) come fosse esso stesso una testimonianza di quanto accaduto nel 1963.