Contributo a chi alleva bestiame ad alta quota per salvare l’attività

Un contributo a fondo perduto per ciascun capo di allevamento detenuto in modo da salvaguardare la zootecnica d’alta quota, sempre più a rischio di estinzione. È la contromossa cui sta lavorando il Comune di Cimolais per tentare il salvataggio delle poche attività ancora attive sul territorio. L’aiuto economico riguarderà bovini e ovicaprini da latte e da carne.

Due i requisiti principali per ottenere la sovvenzione: gli animali dovranno nascere e pascolare in paese per l’intero anno solare di riferimento e la stalla dovrà garantire standard di qualità per il benessere del bestiame. L’assegno verrà staccato una volta che le ispezioni di rito avranno stabilito il rispetto di questi criteri e l’adempimento di alcune formalità fiscali. «Il panorama e l’ecosistema alpino sono stati plasmati nei secoli dall’allevamento di capi da reddito – ha spiegato al proposito il sindaco Davide Protti –. Dall’immediato dopoguerra ad oggi però il numero di addetti e di capi si è via via ridotto sino agli attuali minimi termini. Stiamo davvero correndo il pericolo di vedere trasformate per sempre le nostre vallate e le rispettive comunità. I problemi che i piccoli imprenditori della zona devono affrontare quotidianamente sono i predatori, come il lupo, e la burocrazia».

«Abbiamo deciso di fare qualcosa per arginare l’emorragia di realtà produttive a Cimolais e dintorni – ha concluso l’amministratore –. Il regolamento per l’accesso ai sussidi che abbiamo appena approvato si pone alcuni obiettivi di massima. Il primo è certamente la permanenza delle stalle che ancora resistono a questa lotta impari. La montagna si mantiene in ordine grazie a uno sfruttamento ecosostenibile. Anche il turismo può trarre vantaggio da un ambiente sempre pulito e curato».

Da tempo i municipi della Valcellina e dalla Val Tramontina stanno investendo le risorse derivanti dai canoni idroelettrici in operazioni di sostegno economico. In particolare, le royalties versate alla Regione dalle compagnie che gestiscono laghi e dighe vengono usate dai Comuni per assegni di natalità e di residenza ma anche per supporti finanziari a commercianti e artigiani. Ora è la volta delle imprese agricole che faticano a colmare il gap con le “colleghe” di pianura.

Spesso il solo costo del carburante da trazione e le maggiori spese di riscaldamento invernale sono tali da sballare i bilanci di fine anno per un’azienda di montagna. —

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