Stupore e indignazione nei confronti dell’escursionista che a colpi di martello ha staccato una splendida ammonite da una parete rocciosa di Erto.La famiglia Corona che gestisce il rifugio di cava Buscada si è accorta nelle ultime ore del furto del fossile: «Complimenti all’incivile che ha voluto rubare un patrimonio che appartiene a tutti e che avevamo ripulito e messo in evidenza a beneficio delle future generazioni»
Invece qualcuno ha pensato bene di asportarla con uno scalpello e di portarla via, probabilmente per arricchire una collezione personale o rivenderla in un fiorente mercato di nicchia (in Estremo Oriente e Paesi arabi ci sono artigiani che realizzano esclusivi pavimenti d’interni con fossili e reperti archeologici).
L’altro giorno, durante le normali incombenze quotidiane legate all’attività del rifugio, l’amara scoperta. Al posto della preziosa conchiglia si intravvedono solo scaglie frantumate e un buco sulla roccia.
«Complimenti all’incivile che ha voluto rubare un patrimonio che appartiene a tutti e che avevamo ripulito e messo in evidenza a beneficio delle future generazioni», hanno scritto sui social i titolari dell’alpeggio, uno dei più suggestivi del Nord Italia. Immediata la reazione, con messaggi al vetriolo rivolti all’ignoto deturpatore.
Sino agli anni Settanta la cava di Buscada è stata un sito di coltivazione di una pregiatissima e rara venatura di marmo rosso. Da qualche anno i Corona l’hanno recuperata, salvando anche le attrezzature che testimoniano come si operasse nel Novecento in una miniera a cielo aperto. Vi si accede lungo un comodo itinerario che costeggia l’intera Val Vajont e permette una visuale d’eccezione sulle Dolomiti.