Tante, e tutte circostanziate, le richieste che il comitato Valcellina sta portando avanti all’interno del Laboratorio lago di Barcis: si tratta di un tavolo di concertazione a cui partecipano pubblici amministratori, enti privati e associazioni per capire quale sia la miglior strategia per affrontare l’annoso problema della ghiaia del Cellina.
Il sodalizio partecipa ai lavori spingendo per l’individuazione di due fasi. «La prima è quella che stiamo vivendo e presenta necessariamente i caratteri dell’emergenzialità – si legge in un comunicato diffuso all’indomani dell’ennesimo incontro tecnico –. In questo momento storico, dobbiamo pensare alla sicurezza di cose e persone, consentendo l’asportazione degli inerti che creano pericolo. I camion siano deviati sulla strada della destra lago. I sassi siano portati anche in depositi privati, dove vi è richiesta di mercato. Le piogge primaverili e autunnali, in queste condizioni, impongono misure straordinarie».
«Barcis non deve però trasformarsi in una cava a cielo aperto – hanno ammonito gli ambientalisti del comitato –. Superata quindi l’urgenza, la ghiaia va rimessa dove finirebbe se non ci fosse la diga a fungere da sbarramento. Gli inerti devono essere quindi ricollocati a valle del manufatto, sul greto, a spese del concessionario che sfrutta l’acqua del torrente. Ricordiamo infatti che, oltre la diga, il letto del fiume si sta abbassando di livello, non potendo contare sui costanti apporti da monte. Va studiato un piano di rimozione dei 200 mila metri cubi di pietrame che ogni anno il Cellina spinge in modo naturale nel lago di Barcis». Come sarà possibile spostare questi enormi quantitativi di materiale senza incappare in criticità strutturali, ambientali e paesaggistiche? Il gruppo spontaneo ha pensato anche a questo, e sposa l’idea di una nuova galleria che attraversi i rilievi montuosi su cui si affaccia la località valcellinese. Il tunnel dovrebbe ospitare una pista per carrelli da miniera con cui quotidianamente deviare a fondovalle quanto raccolto tra le svariate briglie costruite proprio per evitare il congestionamento dell’invaso idroelettrico. Un domani, il traforo potrebbe servire anche come raccordo per il traffico pesante che, oggi come oggi, provoca disagi nel centro urbano.
«Gli investimenti vanno però posti a carico delle società che gestiscono bacino e altri impianti di produzione energetica, non sempre della Regione e della collettività», è il messaggio emerso nella seduta . —fmv