La via di Padre Marco D’Aviano

DECENNALE DELLA BEATIFICAZIONE

27.04.2013

UNA VITA AVVENTUROSA ACCANTO AI POTENTI

Marco d’Aviano, al secolo Carlo Domenico Cristofori, è nato a Villotta di Aviano il 17 novembre 1631 da Marco Pasquale Cristofori e da Rosa Zanoni, appartenenti a famiglia originaria di Milano, ma da secoli trapiantata nel pordenonese. La famiglia era di buona condizione (un antenato, Giorgio Cristofori di Cordenons, nel 1509 era stato ambasciatore della Magnifica comunità di Pordenone) e imparentata con la nobiltà locale (per parte di madre, il futuro beato era nipote del conte Francesco Ferro di Pordenone), ebbe la primissima formazione ad Aviano, quindi a San Leonardo di Campagna (oggi San Leonardo Valcellina), per poi essere mandato dalla famiglia a frequentare, negli anni fra il 1643 e il 1647, il miglior collegio del Friuli, ossia il Collegium gesuita di Gorizia. La vocazione Il clima epico che si viveva in Veneto in quegli anni a causa della guerra di Candia ebbe un’influenza decisiva sulla vita del giovane. Animato dal desiderio di rendersi utile sui luoghi dell’assedio e disposto a versare il suo sangue per la difesa della fede, lascia Gorizia e arriva a Capodistria dove, in attesa di imbarcarsi su una nave della Serenissima, chiede ospitalità al convento dei cappuccini. Diventa novizio e nel settembre 1648 viene accolto nel convento di Conegliano. Dopo un anno, il 21 novembre 1649, pronuncia i voti prendendo il nome di Marco d’Aviano. L’incontro con Leopoldo I Guarisce da una lunga malattia il duca Carlo V di Lorena, comandante dell’esercito dell’imperatore del Sacro Romano Impero. La sua fama, quindi, giunge a Leopoldo I, che lo invita a corte. Nel settembre 1680 a Linz avviene il primo incontro fra Marco e l’imperatore. Tra i due nasce una profonda relazione spirituale e Marco approda a Vienna come confessore e consigliere di Leopoldo I. La “missione impossibile” Nel 1683 Papa Innocenzo XI affida a Marco un incarico diplomatico molto delicato: ricreare la Lega Santa delle nazioni cristiane. Le sue amicizie con i potenti avevano indotto i regni di Spagna, Portogallo e Polonia e le Repubbliche di Firenze, Genova e Venezia a inviare aiuti e cospicui contingenti militari. Il frate cappuccino non potè invece fare nulla a Parigi: Luigi XIV, che pure si vantava del titolo di “re cristianissimo”, si tenne alla larga dall’alleanza, anzi cercò di farla fallire speranndo che la probabile sconfitta dell’Austria accrescesse il prestigio francese in Europa. Nonostante ciò molti francesi si armarono e raggiunsero Vienna come volontari. La morte Padre Marco morì il 13 agosto 1699, assistito dall’imperatore e dalla moglie Eleonora. Dal 103 le spoglie del frate beato riposano nella cripta della chiesa dei Cappuccini di Vienna, la stessa che ospita le tombe imperali. Fonte Messaggero Veneto

EMOZONE IN PIAZZA SAN PIETROErano 500 i pellegrini della provincia di Pordenone che, a fine aprile di dieci anni fa, partirono alla volta di Roma per la beatificazione di padre Marco d’Aviano. La data per la beatificazione era stata fissata per il 27 aprile. Da Aviano per la cerimonia in piazza San Pietro celebrata da Papa Giovanni Paolo II partirono diverse corriere: a capo dei pellegrini monsignor Pierluigi Mascherin, l’indimenticato parroco di Aviano scomparso prematuramente due anni fa, e don Terziano Cattaruzza, all’epoca parroco di Villotta. «Sentire proclamare ufficialmente beato padre Marco è stata una grande emozione, non solo come avianese ma anche quale persona impegnata nell’aiutare chi si occupava della causa»: a dieci anni Armando Biancat ricorda così la celebrazione. È uno dei più attivi componenti dell’associazione dedicata al beato avianese e all’epoca era assessore della giunta guidata da Gianluigi Rellini. Quel giorno e la visita romana erano il frutto di un lavoro di decenni. «Un evento raggiunto dopo anni di impegno – prosegue Biancat –, sin dalla trasferta a Roma del 1980, e poi nel 1999 quale promotore e organizzatore delle tre mostre in contemporanea in Aviano: quella storico-documentaria nel battistero, quella storico fotografica e quella di opere artistiche in Casa dello studente. Erano anni nei quali ti sentivi dire spesso: padre Marco non sarà mai beato, troppe le motivazioni politiche contro, siete degli illusi». Biancat riconosce l’impegno di padre Renier: «L’esito positivo della causa – evidenzia – la si deve esclusivamente al defunto carissimo padre Venanzio Renier. La sua grande fede nella causa, la caparbietà, la cultura e la sua determinazione furono decisive. Molti di noi sono stati suoi collaboratori, in primis Walter Arzaretti suo segretario, ma il merito va esclusivamente alla caparbietà di padre Venanzio che non si è mai fermato davanti a tanti ostacoli». Biancat ricorda di avere curato all’epoca i rapporti tra Comune e padre Florio Tessari a Roma, postulatore generale delle cause dei santi cappuccini. Per i doni da portare all’altare Biancat propose due “buc”, contenitori di ceramica tipici della zona di Aviano, con un litro d’olio e tre litri di vino. «Mandai le foto con tre esempi – ricorda – e padre Florio rispose che andavano benissimo. Ricordo anche che nell’entusiasmo di preparare questi doni dimenticai di chiedere in tempo all’ufficio di emettere l’impegno di spesa da parte del Comune. Così pagai i doni senza rimborso». D’altra parte anche la delegazione ufficiale del Comune – il sindaco Gianluigi Rellini, il vice Fernando Tomasini e Biancat – «andò come il sottoscritto – spiega – a da pellegrini, a proprie spese». E l’ex assessore ricorda anche un altro particolare: «Quanti “personaggi” (politici e non) fecero a gara in quei giorni per mettersi in luce e la maggior parte di loro sicuramente a spese dell’ente che rappresentavano». Fonte Messaggero Veneto

COSTITUITO IL COMITATO PER LA SANTIFICAZIONE

Con la beatificazione di padre Marco d’Aviano, avvenuta dieci anni fa, il comitato non s’è sciolto, bensì trasformato in “Comitato per la causa di canonizzazione”. «Beato non basta», sottolinea Walter Arzaretti, che ha trascorso vent’anni col vicepostulatore della causa, padre Venanzio Reiner: «Il cappuccino mai è disgiungibile dal beato». Presidente del comitato è Gianni Strasiotto, onorario il vescovo emerito di Verona padre Flavio Carraro, allievo e superiore di padre Venanzio. Quest’ultimo, prima di morire, ricordò quella mattina, il 27 aprile 2003: «Il giorno della beatificazione! A Giovanni Paolo II ho detto: “Grazie”. Non parlava più ormai, ma mi ha guardato con intensità e con grande simpatia perché ci teneva, eccome, a portare sugli altari il nostro Padre Marco. Monsignor Stanislao, attuale arcivescovo di Cracovia – proseguiva il ricordo di padre Venanzio Reiner –, ha fatto capire che il Papa sapeva tutto, sapeva che la causa era difficile, ma l’aveva sempre incoraggiata: non aveva paura delle cose difficili».

WOJTYLA Bloccò la causa di benatificazione

Ricorrono oggi i dieci anni di beatificazione di padre Marco d’Aviano, un percorso verso gli altari che durò secoli. La causa – cominciata nella sede diocesana di Vienna nel 1891 e proseguita a Venezia nel 1901 – fu ripresa da padre Venanzio Renier, chiamato dal suo superiore di allora, padre Flavio Carraro, alla fine degli anni Settanta. Tra i più convinti assertori del complesso cammino, il cardinale arcivescovo di Vienna Franz König, il quale ottenne, in occasione del terzo centenario della liberazione della città propugnata dal Padre Marco (1983), oltre che una lettera postulatoria dalla Conferenza episcopale austriaca, anche quelle dei vescovi d’Ungheria, Jugoslavia, Polonia. Un’altra richiesta fondamentale, il 7 luglio 1978, venne inoltrata dal patriarca Albino Luciani a Paolo VI. «Manifesto il vivissimo desiderio – aveva scritto Luciani – che il Venerabile Padre Marco d’Aviano, cappuccino, venga elevato agli onori degli altari». Luciani si era ritrovato interpellato dalla lettera, una volta eletto papa dopo appena 50 giorni dalla stesura, e questa aveva trovato in Giovanni Paolo II il nuovo destinatario dopo soli 33 giorni. Passò un altro decennio: il 6 luglio 1991 Giovanni Paolo II promulgò il decreto della Congregazione delle cause dei santi sull’eroicità delle virtù di Padre Marco. L’anno seguente, nel corso della visita a Pordenone (30 aprile 1992), il pontefice dedicò al venerabile cappuccino un passo del suo discorso. Padre Venanzio altre volte incontrerà il papa polacco: già ultranovantenne, augurò a Wojtyla di essere proprio lui a beatificare presto «il grande apostolo dell’Europa unita e cristiana». Il 23 aprile 2002, alla presenza del papa, venne promulgato il decreto con cui la Congregazione vaticana riconobbe l’autenticità del miracolo avvenuto nel maggio 1941, nella clinica Arcella di Padova, in favore del piccolo Antonino Geremia di Loreo (Rovigo), affetto da meningite e ormai in punto di morte. La preghiera d’intercessione a Padre Marco era stata suggerita da padre Leopoldo da Castelnuovo (canonizzato nel 1982) a Maria Bondesan Rubaltelli (coscritta di padre Venanzio, 1909), la quale si era recata dal futuro santo per segnalare il caso disperato. All’appuntamento nella Sala Clementina era ovviamente presente padre Venanzio, più arzillo che mai. Il 27 aprile 2003, domenica della Divina Misericordia, nella cui vigilia, due anni dopo, Giovanni Paolo II sarebbe morto (nel 1980 ebbe a dire “Conosco padre Marco dai banchi di scuola”), Roma accolse migliaia di pellegrini: 1.200 da Pordenone e provincia, organizzati in diciannove pullman. C’erano pure gli austriaci e una delegazione ungherese. Le campane delle chiese della diocesi natia di Concordia-Pordenone suonarono a festa. In piazza San Pietro c’erano il presidente del Consiglio regionale Antonio Martini, della Provincia Elio De Anna, il sindaco di Aviano Gianluigi Rellini e di Pordenone Sergio Bolzonello. Con Giovanni Paolo II celebravano il ministro generale dei Cappuccini padre John Corriveau e i provinciali dei frati veneti e viennesi, il patriarca Angelo Scola, il vescovo Ovidio Poletto, il già ministro generale dei Cappuccini Flavio Roberto Carraro. Il cardinale di Vienna Christoph Schönborn chiese al papa la beatificazione, accompagnato dai postulatori padre Venanzio e padre Vincenzo Criscuolo. Giovanni Paolo II pronunciò la formula di iscrizione nell’albo dei beati, con la quale fissava anche la data della memoria liturgica, il 13 agosto. Subito dopo vi fu l’atto di ringraziamento e l’omaggio al Santo Padre. La foto che ritraeva padre Venanzio mentre baciava la mano del pontefice fece il giro del mondo. A lato dell’altare vennero collocate le reliquie dei nuovi beati e si scoprirono gli arazzi ai finestroni della basilica vaticana. Pure Benedetto XVI – il cardinale Ratzinger era presente alla beatificazione – studiò la figura di Marco d’Aviano e le vicende che lo videro protagonista in Europa, specialmente in terra tedesca, e soprattutto in Baviera dove il frate passò e ripassò predicando, convertendo, operando miracoli e «suscitando la devozione delle folle e l’ammirazione dei governanti». Padre Venanzio Renier disse poco prima della morte, avvenuta il 17 giugno 2008: «Presi in mano la causa nel 1977, continuavo a dire: “Manca poco, manca poco”. Ho tenuto un po’ tutti sulla corda… Non ho perso mai la fiducia e devo dire che della causa mi sono davvero innamorato, come lo fu San Leopoldo Mandic, il più entusiasta propagandista del Nostro» fonte Messaggero Veneto

11 settembre la liberazione di Vienna

La cronaca dell’altro 11 settembre. La battaglia di Vienna, combattuta sulla collina di Kahlenberg ebbe luogo l’11 e il 12 settembre 1683 e pose fine a due mesi di assedio posto dall’esercito turco alla città di Vienna. Questa battaglia campale fu combattuta dall’esercito polacco-austro-tedesco comandato dal re polacco Jan III Sobieski (il vero eroe dello scontro) contro l’esercito dell’Impero ottomano comandato dal gran visir Merzifonlu Kara Mustafa Pasha, e fu l’evento decisivo delle guerre austro-turche, conclusasi definitivamente con la firma del Trattato di Karlowitz. L’assedio di Vienna cominciò il 14 luglio 1683: l’esercito dell’Impero ottomano era composto da circa 140 mila uomini. La battaglia decisiva cominciò all’alba dell’11 settembre, quando cioè si concluse il raggruppamento dei rinforzi dalla Polonia, comandati dal re polacco Jan III Sobieski, dalla Germania e dal resto dell’Austria, oltre alle forze presenti nella città. La battaglia ebbe inizio all’alba, subito dopo la messa celebrata da Marco d’Aviano, presente sul campo. Furono i turchi ad aprire le ostilità nel tentativo di interrompere il dispiegamento di forze che la Lega santa stava ancora ultimando per tentare di liberare la capitale. Carlo di Lorena e i tedeschi rintuzzarono l’attacco in attesa che Sobieski e i suoi fossero pronti. Kara Mustafa commise un errore e ancora una volta rinunciò a ingaggiare battaglia, sperando di riuscire a entrare in Vienna in extremis, lasciando così altro tempo alle forze cristiane di ultimare il dispiegamento. Ma ormai le sorti volgevano decisamente in favore degli occidentali, e addirittura gli assediati, galvanizzati dall’arrivo dei rinforzi, attaccavano le file turche. La battaglia era cominciata, furibonda come e più del previsto. I turchi pagarono subito l’errore di non essersi preparati a difendersi dalle forze provenienti dal nord, trovandosi di fatto con l’élite dell’esercito (i giannizzeri) schierati dove non serviva, cioè presso le mura che erano ancora in piedi, e le retroguardie difese solo da truppe poco preparate e male armate. A questo punto Kara Mustafa capì che la battaglie era persa, e tentò di prendere Vienna, Ma l’attacco fallì a causa del numero esiguo degli attaccanti e della difficoltà a far arrivare i rinforzi in prima linea. I turchi vittoriosi si ritrovarono circondati. Ma ancora l’esercito cristiano non aveva giocato la sua carta più forte: la cavalleria polacca. Nel tardo pomeriggio dopo aver seguito dalla collina l’andamento dello scontro quattro corpi di cavalleria (uno tedesco e tre polacchi) scesero al’’attacco a passo di carica. L’attacco fu condotto da Sobieski in persona e dai suoi tremila ussari. La carica sbaragliò definitivamente l’esercito turco, mentre gli assediati uscirono dalle mura a raggiungere i rinforzi che già inseguivano gli ottomani in rotta. L’assedio di Vienna era rotto dopo quasi tre mesi ùe la cristianità salva.fonte Messaggero Veneto

Aviano: due giornate dedicate al SantoDa qualche settimana il decennale della beatificazione di Marco d’Aviano è sotto gli occhi di tutti in piazza: sul campanile, infatti, è stata appesa una gigantografia con l’immagine del beato. A dieci anni dalla solenne celebrazione in piazza San Pietro, Aviano ricorda in questo fine settimana il suo concittadino più illustre con una serie di momenti di preghiera e approfondimento. Oggi alle 16.30 si parlerà di “Marco d’Aviano: ieri, oggi, domani”. Interverranno lo storico Giordano Brunettin e fra Antonio Fragonara, vicepostulatore causa di canonizzazione. Domani alle 11 in duomo monsignor Basilio Danelon celebrerà la messa. Nel pomeriggio, alle 14.30 nella sala dell’oratorio sarà proposto il recital “Padre Marco d’Aviano: il nostro amico d’Europa”. Il comitato per la canonizzazione di Padre Marco è appena stato costituito. Prosegue la sua attività anche l’associazione dedicata al cappuccino avianese. Periodicamente il sodalizio propone alcuni momenti di preghiera e riflessione: ogni mese c’è un incontro di preghiera, mostre e attività di divulgazione dell’opera del frate. Ci sono noi gli appuntamenti legati alla nascita e al trapasso di Carlo Cristofori. L’opera di divulgazione prosegue anche con l’invito l’intitolazione di strade al cappuccino avianese e altri luoghi pubblici. Il comitato – in questi giorni in missione a Vienna – intanto lavora per la canonizzazione del cappuccino avianese. A lui, definito «esempio per la coraggiosa azione apostolica», i frati sono impegnati con il nuovo comitato “per la causa di canonizzazione”, meta indicata come irrinunciabile in particolare dal vescovo padre Flavio Roberto Carraro, già generale dell’Ordine, che del comitato è il presidente onorario e che già nel 1977 aveva smosso la causa scegliendo a guidarla il celebre padre Venanzio Renier, che le virtù dell’antico confratello e la preghiera per sua intercessione. Del comitato sono membri il postulatore padre Florio Tessari e persone di diverse zone del Veneto e Friuli. La causa di beatificazione è stata legata al miracolo che Padre Marco fece a Padova nel 1941, salvando la vita a un bambino Antonio Geremia, colpito da una forma di meningite che si salvò dopo l’apposizione sul suo corpo di una medaglia con l’effige del frate. fonte Messaggero Veneto

La causa “secolare” di Padre Marco

La causa fu ripresa da padre Venanzio Renier, a ciò chiamato dal suo superiore di allora padre Flavio Carraro, alla fine degli anni Settanta (era iniziata nella sede diocesana di Vienna nel lontano 1891; e a Venezia nel 1901).

Tra i più convinti assertori di questo complesso cammino, l’autorevole cardinale arcivescovo di Vienna Franz König, il quale ottenne, in occasione del terzo centenario della liberazione della città propugnata dal Padre Marco (1983), oltre che una lettera postulatoria della beatificazione della Conferenza episcopale austriaca, anche quelle dei vescovi d’Ungheria, Jugoslavia, Polonia. Altra richiesta fondamentale – datata 7 luglio 1978 – venne inoltrata dal patriarca Albino Luciani a papa Paolo VI, a nome dell’episcopato triveneto.

“Manifesto il vivissimo desiderio – aveva scritto il cardinale Luciani – che il Venerabile Padre Marco d’Aviano, cappuccino, venga elevato agli onori degli altari. Generoso e intrepido, seppe difendere energicamente, anche a costo di persecuzioni, i diritti della Chiesa e delle popolazioni inermi dalle sopraffazioni dei potenti e dalle vessazioni degli ingiusti. La glorificazione di questo Servo di Dio potrebbe contribuire a ridestare il senso del peccato in tante coscienze offuscato, a dare stimolo e incoraggiamento ai banditori del Vangelo, ad offrire ai cappellani militari un eloquente modello ascetico al quale ispirarsi, a rendere più intimo il legame che unisce le chiese dell’Italia nord-orientale con quelle dell’Europa centrale”. Lo stesso Luciani si era ritrovato interpellato dalla lettera, una volta eletto papa dopo appena cinquanta giorni dalla stesura di essa! E questa aveva trovato in Giovanni Paolo II il nuovo destinatario dopo i soli trentatre giorni di Giovanni Paolo I.

Passò un altro decennio: finalmente il 6 luglio 1991 Giovanni Paolo II promulgò il decreto della Congregazione delle Cause dei Santi sull’eroicità delle virtù di Padre Marco. L’anno seguente, nel corso della visita a Pordenone (30 aprile 1992), Papa Wojtyla dedicò al venerabile cappuccino un passo del suo discorso di saluto alla città: “In questa terra ha avuto i natali il Servo di Dio padre Marco d’Aviano, conosciuto anche nella mia patria per il contributo spirituale offerto all’unità delle forze politiche e militari, dalle quali fu scongiurato, nel 1683, attorno a Vienna, il gravissimo pericolo che incombeva su tutto l’Occidente cristiano”. Padre Venanzio fece allora pervenire al pontefice i quattro volumi che raccolgono il corposo epistolario di Padre Marco. Altre volte egli incontrerà il papa polacco: il 19 gennaio 2000 poté salutarlo personalmente e fargli dono del volume biografico “Padre Marco d’Aviano” di Maria Héyret (edito nel 1999, anno del terzo centenario della morte del venerabile). Il frate, già ultranovantenne, profittò per augurare al pontefice di essere proprio lui a beatificare presto il grande apostolo dell’Europa unita e cristiana. Il Papa mostrò di gradire il voto.

Decisiva allo scopo fu la giornata del 23 aprile 2002. Alla presenza del papa, venne promulgato il decreto con cui la Congregazione vaticana riconobbe l’autenticità del miracolo avvenuto nel maggio 1941, nella clinica Arcella di Padova, in favore del piccolo Antonino Geremia di Loreo (Rovigo), affetto da meningite cerebro spinale purulenta e ormai in punto di morte. La preghiera d’intercessione a Padre Marco era stata suggerita da padre Leopoldo da Castelnuovo (canonizzato nel 1982) a Maria Bondesan Rubaltelli (coscritta di padre Venanzio del 1909!), la quale si era recata dal futuro santo per segnalare il caso disperato. Al solenne appuntamento nella Sala Clementina era ovviamente presente padre Venanzio, più arzillo che mai. Egli visse e prolungò la sua vecchiaia in ragione della causa e per ottenere la beatificazione di Padre Marco. Ha scritto in proposito il postulatore delle cause di tutti i cappuccini, padre Florio Tessari: “Padre Venanzio somigliava alla vedova del Vangelo che chiede giustizia”. Tale fu l’atto con il quale fu beatificato Padre Marco.

27 aprile 2003: la grande giornata della beatificazione

E’ la domenica «della Divina Misericordia», nella cui vigilia, due anni dopo, Giovanni Paolo II sarebbe passato a Dio. Roma accoglie migliaia di pellegrini: sono 1200 circa quelli da Pordenone e provincia, organizzati in diciannove pullman, come scrive nel Messaggero Veneto l’inviato Marco Galvi. Il viaggio dei devoti del beato era cominciato il giorno prima con tappa ad Assisi, culla del francescanesimo, per una celebrazione eucaristica alla Porziuncola. Ci sono pure gli austriaci e la delegazione ungherese. Altri gruppi sono organizzati in pullman dalle diocesi di Udine e di Gorizia e, in treno, da quella di Vittorio Veneto. La mattinata del 27 aprile vede tanti volti gioiosi e commossi per il riconoscimento ufficiale di padre Marco beato: esso giunge dopo oltre trecento anni, ed era stato atteso da molte generazioni del passato, di molti luoghi d’Europa. Le campane delle chiese della diocesi natia di Concordia-Pordenone suonano a festa.

Alcune impressioni raccolte sulla Piazza San Pietro. Il presidente del Consiglio Regionale Antonio Martini: “Questa beatificazione – dichiara – ci dice che l’Europa ha bisogno di anima. Padre Marco è una persona di grande fascino, che non ha impugnato le armi. Oggi possiamo dire che forse meritava di essere beatificato anche prima”. Il presidente della Provincia Elio De Anna: “Padre Marco ha garantito un ruolo di cerniera nel contesto mitteleuropeo. Qualcuno lega le vicende di padre Marco ai turchi, dice che fosse anti-islamico. Padre Marco non voleva che Vienna divenisse la seconda città dell’impero turco-ottomano. Era poi un gran predicatore”. Tra le molte autorità presenti, il sindaco di Aviano Gianluigi Rellini e quello di Pordenone. Sergio Bolzonello è “colpito dal Papa che porta avanti il suo messaggio nonostante le precarie condizioni di salute”.

Il papa arriva pochi minuti prima delle 10. Le nuvole si aprono e filtrano raggi di sole. Con Giovanni Paolo II celebrano il ministro generale dei Cappuccini padre John Corriveau e i provinciali dei frati veneti e viennesi, inoltre il patriarca Angelo Scola, il vescovo della terra natia Ovidio Poletto: altri sette sono i vescovi del Triveneto che assistono al rito, fra i quali il già ministro generale dei Cappuccini e vescovo di Verona Flavio Roberto Carraro, assertore convinto di Padre Marco beato. Il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn chiede al papa la beatificazione, accompagnato dai postulatori padre Venanzio e padre Vincenzo Criscuolo, quest’ultimo oggi fra gli officiali maggiori della Congregazione vaticana delle Cause dei Santi, e legge un profilo di Padre Marco. Giovanni Paolo II pronuncia quindi la formula di iscrizione nell’albo dei beati, con la quale fissa anche la data della memoria liturgica annuale del nuovo beato (13 agosto). Subito dopo vi è l’atto di ringraziamento e omaggio al Santo Padre da parte dei vescovi richiedenti e dei postulatori delle cause dei sei religiosi e religiose italiani beatificati insieme in questa giornata pasquale. La foto che ritrae padre Venanzio mentre bacia la mano del Pontefice fa il giro del mondo. A lato dell’altare vengono collocate le reliquie dei nuovi beati e si scoprono gli arazzi ai finestroni della basilica vaticana. Il reliquiario del Beato Marco è intronizzato dal dottor Antonino Geremia, colui che all’età di cinque anni era stato guarito per intercessione dell’antico cappuccino; è presente in piazza Maria Rubaltelli di Padova (destinata a superare i cent’anni!), colei che con grande fede era andata da Padre Leopoldo, allora vivente, il quale le aveva consegnato una medaglia con l’effigie di Padre Marco, poi messa sul petto del bambino mentre si pregava per lui.

Il “ritratto” di Marco fatto da Giovanni Paolo II

All’omelia della messa il papa fa questo ritratto del nuovo beato: “In epoca diversa dalla nostra e in un contesto storico diverso rifulse per santità il Beato Marco d’Aviano, nel cui animo ardeva il desiderio di preghiera, di silenzio e di adorazione del mistero di Dio. Questo contemplativo itinerante per le strade dell’Europa fu al centro di un vasto rinnovamento spirituale grazie a una coraggiosa predicazione accompagnata da numerosi prodigi. Profeta disarmato della misericordia divina, fu spinto dalle circostanze a impegnarsi attivamente per difendere la libertà e l’unità dell’Europa cristiana. Al continente europeo, che si apre in questi anni a nuove prospettive di cooperazione, il Beato Marco d’Aviano ricorda che la sua unità sarà più salda se basata sulle comuni radici cristiane”.

Al successivo “Regina Coeli”, Giovanni Paolo II parla in tedesco: “Padre Marco d’Aviano (è) molto onorato a Vienna. La sua fede incrollabile e il suo amore filiale per la Madre di Dio s’irradiavano sugli uomini. Lasciatevi guidare dall’esempio di questo nuovo beato e portate nel mondo la luce del risorto”. Aggiunge in lingua polacca, a braccio: “Il Beato Marco d’Aviano ha a che fare anche con la nostra storia. Lui è il Legato che, dopo la vittoria di Giovanni Sobieski sui turchi a Vienna, ha portato al pontefice il seguente messaggio del re: Veni, vidi, Deus vicit!”. È la conferma di quel “conosco Padre Marco dai banchi della scuola” confidato a padre Venanzio nel 1980 durante un’udienza in Vaticano.

Il giorno seguente, tutti dal Papa per l’udienza speciale nella gremitissima Aula Paolo VI. Giovanni Paolo II invoca la protezione del Beato Marco sull’Europa. Ecco le sue parole: “Marco d’Aviano è un esempio per la coraggiosa azione apostolica, apprezzata da tutti, e per la preghiera, fedele alla più genuina tradizione francescana e cappuccina. I suoi interventi in campo sociale, sempre finalizzati al bene delle anime, costituiscono un incoraggiamento anche per i cristiani di oggi a difendere e promuovere i valori evangelici. Il Beato Marco d’Aviano protegga l’Europa perché possa costruire la sua unità non trascurando le comuni radici cristiane”.

 

Un uomo “europeo”: non basta beato!

La beatificazione di Padre Marco è un dono “fattoci dal Papa polacco che è entrato anche lui (saranno due anni il 1° maggio dalla sua beatificazione) nella gloria di quei santi da lui tanto amati e proclamati in numero così considerevole”, ricorda Walter Arzaretti, che per vent’anni fu accanto a padre Venanzio e segue le attività inerenti il nostro beato e la sua causa. “Credo abbia sentito l’atto di beatificazione da lui celebrato dieci anni fa come onore e privilegio: egli sentiva Padre Marco, data la personalità europea del cappuccino”. “Anche Padre Marco – conclude Arzaretti – aveva promosso l’identità cristiana del nostro continente. E v’è da dire che pure Benedetto XVI (il cardinale Ratzinger era presente in prima linea alla messa di beatificazione) conosce e ha studiato la figura del nostro beato e le vicende che lo videro protagonista in Europa, specialmente in terra tedesca, e soprattutto in Baviera dove il frate passò e ripassò predicando, convertendo, operando miracoli e suscitando la devozione delle folle e l’ammirazione dei governanti”.

Padre Marco è beato per l’Europa. L’auspicio è che ora possa essere pure canonizzato, con il titolo di “santo” e un culto universalmente riconosciuto, come diceva e desiderava padre Venanzio, il quale operò indomito anche dopo quel 27 aprile, fino all’ultimo giorno (17 giugno 2008) della sua vita centenaria. Ciò sarà possibile se il lavoro di divulgazione sarà accompagnato dalla preghiera dei devoti, “che è bene siano presenti – raccomandava il padre promotore – nei tanti luoghi dell’annuncio del Beato Marco: misericordia, pace, unione tra i popoli, gli stati, le chiese”. E’ il compito che si propone, in fedeltà alla “vocazione” senza confini di Padre Marco e al lascito morale del suo più grande banditore, il Comitato per la causa di canonizzazione stimolato dal suo presidente onorario, il vescovo padre Carraro, discepolo fedele del “mitico” padre Venanzio.

 

PADRE VENANZIO RENIER (1909 – 2008)

L’artefice della beatificazione

(intervista rilasciata a Enri Lisetto nel 2006)

Difficile la causa di Padre Marco!

La causa di beatificazione di Padre Marco era cominciata a Vienna a fine Ottocento, ma poi era morto tutto perché nessuno se ne era più interessato sul serio, né in Austria né da noi. Presa in mano da me nel 1977, continuavo a dire: “Manca poco, manca poco”. Ho tenuto un po’ tutti sulla corda… e mi sono impegnato molto e quasi ostinato. Io non ho perso mai la fiducia! E devo dire che di Marco d’Aviano mi sono davvero innamorato, come lo fu San Leopoldo Mandic, il più entusiasta propagandista del Nostro.

L’iter è stato lungo e anche travagliato: sembrava non se ne uscisse…

Sì. Nel 1991 riuscimmo finalmente a far approvare l’eroicità delle virtù (cioè la santità di vita del candidato agli altari, n.d.a.). A tale fine erano state completate da venticinque anni tutte le ricerche necessarie: ancora nel 1966 era stata data alle stampe e lodata dalla Congregazione vaticana la monumentale Positio super virtutibus, una miniera di documenti raccolti in mezza Europa, che fondava su basi solidissime questa causa che è di natura storica e richiedeva perciò un impianto molto serio anche sul piano del metodo.

Avviammo quindi subito l’iter per l’approvazione del miracolo, che – come si sa – è necessario per la beatificazione di un non-martire.

Anche qui fu un calvario, perché, per una errata lettura del caso presentato (una guarigione da meningite, ripeto, del 1941, prima cioè dell’invenzione degli antibiotici), esso fu bocciato dalla Consulta Medica della Congregazione. Feci rifare l’esame, portando nuove prove, altre tre volte. Mi sono proprio incaponito. Sa perché? Perché padre Leopoldo, santo, che aveva pregato e fatto pregare per quel bambino in fin di vita, aveva pure profetizzato, a guarigione avvenuta in modo straordinario: “Questo miracolo servirà per la beatificazione di Padre Marco”. Io ho creduto a San Leopoldo e sono andato avanti, contro tutti! Mi dicevo, mentre invecchiavo io pure (oltre che la causa): qualcosa si muoverà.

L’abbiamo spuntata nel 2001 quando c’è stata l’unanimità (sei su sei) dei voti a favore nella Consulta Medica. È stato un atto di verità e anche di giustizia.

 

E siamo arrivati al 27 aprile del 2003.

Il giorno della beatificazione! A Giovanni Paolo II ho detto: “Grazie”. Non parlava più ormai, ma mi ha guardato con intensità e con grande simpatia perché ci teneva, eccome, a portare sugli altari il nostro Padre Marco. Monsignor Stanislao, attuale arcivescovo di Cracovia, ha fatto capire che il Papa sapeva tutto, sapeva che la causa era difficile, ma l’aveva sempre incoraggiata: non aveva paura delle cose difficili.

Ma che cosa, realmente, ha ostacolato la causa?

Nessuno si è veramente interessato. Dopo la morte di Padre Marco (e quella del suo amico l’imperatore Leopoldo I) si aspettò che morissero anche tutti quelli che avevano conosciuto lui e visto “de visu” la sua santità e i suoi miracoli. Così tutto divenne molto, molto più difficile. Anche perché si è dovuto, a causa avviata tardi, raccogliere la documentazione compulsando i tanti archivi. La santità di padre Marco si intreccia poi con le vicende politiche, religiose, sociali più importanti in Europa nel suo secolo… È stata davvero un’impresa!

Forse il Signore ha voluto così per porre Padre Marco oggi, negli scenari in cui viviamo, al centro di riflessioni che sono di evidente attualità, mentre l’Europa deve camminare con passo sempre più spedito verso un’effettiva unione politica, che è il miglior antidoto alla guerra, e deve riaffermare la sua anima cristiana, cioè riproporsi al mondo come faro di civiltà.

 

Le leggo una frase del Centro Studi Teologici di Milano: “Wojtyla si contraddice, da una parte si lancia alla difesa del dialogo tra le religioni, dall’altra, in nome dell’Europa Cristiana, si presta ad un’operazione gravida di conseguenze simboliche, poiché beatifica un frate che benedicendo le armate cristiane mise fine all’avanzata musulmana in occidente”. Le ha fatto male questo?

C’è chi sostiene che padre Marco ha combattuto una guerra contro i Turchi. In verità: quando i Turchi videro l’esercito della coalizione cristiana scapparono. Marco d’Aviano non ha incitato alla guerra: ha messo d’accordo quelli che dovevano difendere i loro popoli da una aggressione violenta e ha pregato sul monte facendo scappare (con la preghiera) gli invasori, ha separato i contendenti… Non sarà mica un delitto, è una grossa benemerenza! Lo stesso Papa Innocenzo XI aveva mandato a Vienna il nostro cappuccino. Lui ha semplicemente obbedito e si è reso artefice di una sorta di «ingerenza umanitaria». La invocò anche il Papa Wojtyla nel 1994 allorché in Bosnia si scannavano e non c’era altro rimedio che intervenire, per liberare Sarajevo dalla carneficina.

Lettera di Padre tomè a Don Umberto Pistrino

 

22.08.2012

Lettera di Padre Tomè da Kamenge nella quale si comunica che la statua è stata posizionata nella nuova chiesa

https://cimolais.it/wp-content/uploads/Lettera-Padre-Tomè-a-MArcello-da-Kamenge.doc

 

11.08.2012

La Valcellina si appresta a onorare il beato Marco d’Aviano, morto a Vienna il 13 agosto del 1699. Grazie all’impresa dello scultore Marcello Martini, che in aprile ha portato a spalla una pesante statua del cappuccino fino a Roma e l’ha fatta benedire dal Papa, la figura di Marco d’Aviano si è fatta conoscere anche in valle. Così che il comitato per la canonizzazione del taumaturgo ha organizzato tre giornate di ricordo e preghiera in altrettante località della zona. Si inizierà domani alle 19 con una funzione religiosa nella chiesa parrocchiale di Claut e alle 20.30 con la testimonianza di Martini sulla propria “avventura”: per l’occasione nella sala polifunzionale del paese verrà proiettato un documentario sul beato. Domenica alle 9.30 sarà Andreis a ospitare fedeli e parrocchiani: l’amministrazione del sindaco Franca Quas ha già garantito l’intitolazione di una strada al beato. Infine il 19 agosto alle 11 si svolgerà un’ulteriore occasione di preghiera a Barcis. In tutte le iniziative sarà esposta una reliquia di padre Marco con la quale saranno benedetti i presenti. L’opera di Martini è nel frattempo arrivata a Kamenge, la povera cittadina del Burundi incui opera il missionario maniaghese Ernesto Tomè. (f.fi.)

 

Cronaca del viaggio di MArcello Martini

http://comune.cimolais.pn.it/padre-marco/

 

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