Chiese

CHIESA PARROCCHIALE

Da visitare la Chiesa Parrocchiale con altari lignei del ’600 e pale dipinte da allievi minori del “Pordenone”; interessante l’ex-voto “incendio del paese”, fra i più belli del Friuli occidentale.

La costruzione attuale della Chiesa non è sicuramente quella originale. E’ provabile che i vari incendi che hanno interessato in passato il paese abbiano distrutto anche parte della chiesa. Oltre agli incendi c’era il pericolo delle alluvioni. Per evitare il pericolo gli uomini  costruivano dei ripari di sasso e calce. Scrive Antonio Della Putta “i ripari erano costruiti in questo modo: gli uomini andavano nel bosco a tagliare le piante; nella parte grossa della pianta inserivano una lama (stroth) che era a forma di scalpello, nella quale era collegato un anello. A questo anello gli uomini attaccavano delle funi robuste e poi trascinavano la pianta con tutti i suoi rami. In questa impresa mettevano tutto il loro sforzo, ma si servivano anche dell’aiuto di animali (buoi o muli) fintanto che le piante erano portate sulla sponda del torrente Cimoliana e qui venivano portate perché creassero un argine che impedisse le inondazioni verso la chiesa”.

La chiesa, come si rileva dal dipinto dell’ “ex voto incendio di Cimolais”, è staccata dall’abitato come già in altri luoghi dove l’area sacra (chiesa e cimitero) viene disgiunta dalla profana. Il cartiglio del dipinto non ci dice esattamente quando è avvenuto l’incendio,  data che potrebbe oscillare fra il 1685, 1695 e 1719. Circoscrive il periodo e spiega il clima, lo “scrutinio”, ovvero l’interrogatorio, di Gio. Battista Toffoli in occasione della visita del Patriarca Daniele Delfino (1737) : “Egli – il pievano di Cimolais – vive con un continuo sospetto di essere avvelenato e si crede che ciò derivi per il sospetto che va dicendo di avere, che il pievano di Glaut – (sic) sia stato il diretore e fomentatore del’incendii seguiti già in tre volte nel breve corso di 15 anni coll’esterminio totale di questa povera villa” .

Anche i dati raccolti nel 1807 dal Conte Fabio di Maniago ci dicono che Cimolais “Nel secolo decorso, ed altro secolo antecessore a questo ha sofferto di n. 3 incendi, e tutti di conseguenza, che desolò mezze famiglie; e la comune incontrò dei debiti. Le misure al caso di disastro sono al tocco della campana si radunano gli individui di ogni sesso portando dell’acqua per estinguerlo”.

La parrocchia  di Santa Maria Maggiore di Cimolais

Fulcro della vita spirituale era certamente la Chiesa (diesa) da dove partivano e arrivavano tutte le processioni e riti religiosi. Secondo lo storico Antonio Belloni la chiesa parrocchiale fu costruita nell’anno 1000. Certamente le prime chiese erano posteriori al 313, anno cui  l’Imperatore Costantino diede, con l’editto di Milano, la libertà di culto e trasformò il cristianesimo in religione di Stato. Per questo anche se Cimolais è lontano dai centri di irradiazione della religione cristiana, si può ragionevolmente pensare che il cristianesimo ivi si diffuse in un tempo relativamente breve. E’ certo che, avendo l’Abate di Sesto scelto la sede a Cimolais le chiese di Erto e Claut furono sottomesse a quella di Cimolais per lungo tempo: Claut si staccò nel 1607 ed Erto nel 1645. Dopo che le chiese di Erto e Claut furono staccate dai Cimolais ai nuovi parroci era lasciato l’onere di sudditanza che consisteva nel dovere di “recarsi alla pieve di Santa Maria nel sabbato santo per assistere alle funzioni portando il cero della loro chiesa che doveva essere benedetto dal pievano e riportandolo nella loro chiesa con l’acqua battesimale che pure era benedetta dal pievano”.  Verso la fine del XVIII secolo i parroci si opposero all’adempimento di quest’onere, il pievano ricorse all’Abate Giovanni Corner, e questi li obbligò ad osservare l’obbligo antico. Sul  principio del XIX sec. l’obbligo fu tolto e il cero e l’acqua battesimale fu benedetta in tutte le chiese parrocchiali. *  Nel 1818 Claut, Cimolais ed Erto si staccarono dalla Diocesi di Udine e furono aggregare a quella di Concordia Pordenone. Cimolais, inoltre, è stata sede di Forania della Valcellina fino al 1969.

La parrocchia di Cimolais nel 1807

Dai dati raccolti nel 1807 dal conte Fabio di Maniago possiamo rilevare che:

  1. la parrocchia della Comune di Cimolais è situata nella contrada della comune, il titolare è S. Maria Maggiore. Il quartese calcolato in decennio è di L. 300. 
  2. * La comune è ancora obbligata a mantenere un cappellano.
  3. La chiesa ha una miserabile rendita di L. 60 e del resto viene sostenuta dalla pietà si questi miserabili abitanti di pura carità.

*la chiesa di Cimolais non ha veruna rendita aveva due capitali in Zecca di Venezia. Viene manutenuta di carità.

  1. Il diritto di nominare il parroco è della Comune.

Nella chiesa parrocchiale di Cimolais troviamo un quadro con la sua immagine, di pittore Veneto sconosciuto datato 1691. Vi sono rappresentati S.Lucia,San Rocco,San Luca San Giovannino e la Madonna con il bambino.

Il dipinto è probabilmente di epoca anteriore La data è quella del restauro fatto fare da un parrocchiano che “si è esibito di farlo nuovo a due spese “

Il nome del devoto è nel cartiglio “io Gianbattista Bressa feci fare quest’opera per mia devozione.1691”

 

Info Parrocchia Santa Maria Maggiore tel. 0427-87021

 

CHIESETTE E CAPITELLI VOTIVI

dal libro Religiosità popolare : i luoghi del credere 2021. Associazione Intorn al Larin e Pro loco Cimolais

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San Belino – San Belin

Luogo: Strada statale Piana di Pinedo 

Anno di costruzione : XIX secolo

Costruttore : Don Luigi Tonegutti

Proprietari : Fam. Bressa

Motivo della costruzione: voto

Devozione: San Bellino, Santa Maria

Celebrazioni tradizionali: Festa del varm o butol –lunedì successivo alla pentecoste

Descrizione

Aula rettangolare con soffitto in legno. Muratura; sassi; copertura: coppi.  Portico davanti  Finestre. due  finestrelle sotto il portico. Altare maggiore: con dipinto della Madonna. Altarino sulla sinistra dove era posizionata la Statua di San Belino (statua rubata per ben due volte; la prima di pregio, la seconda una copia).

La chiesa è molto piccola ma ha un bel atrio che, una volta, veniva utilizzato come riparo dai passanti o da chi si recava nei campi a lavorare. La chiesa viene ricordata particolarmente per la sagra “ del varm o butol” che tradizionalmente si svolgeva il lunedì successivo alla domenica della Pentecoste (giornata festiva in molti paesi nord europei). La definizione si riconduce al “butol” che in cimoliano è il verme delle patate. Era una vera e propria sagra rivolta in particolare ai bambini, con bancarelle di dolci e bevande. Si ricorda la presenza di “Beta dei Butholais” che veniva da Longarone e vendeva biscotti intrecciati. C’era anche la bancarella di Piciali e Doro.

I cimoliani raccontano

Luigi  Fabris :  la chiesetta di San Bellino è stata costruita da un sacerdote Don Luigi Tonegutti de Biancut. Sulla strada interna c’era un altro capitello, più piccolo, del quale ci sono ancora i resti.

Morossi Bruna :

mi ricordo della festa del “Varm”  che si svolgeva a San Bellino  dove, dopo la messa, si allestivano dei banchi con caramelle, biscotti , i “butholais”  e i “Bagigi “(arachidi) e si stava in allegra  compagnia.

San Floriano – San Frean

Località San Floriano

Anno di costruzione: prima metà del Seicento  su nucleo edilizio anteriore.

Località : Borgata di San Floriano

Devozione: San Floriano, Sebastiano, Valentino, Apollonia, Ermarcora e Fortunato

Celebrazioni tradizionali: Alla chiesa di San Floriano gli abitanti di Cimolais si recavano in processione la sera del venerdì santo. Si celebrava una  Santa Messa in onore di Santa Apolllonia (9 febbraio), san Valentino (14 febbraio), san Floriano (4 maggio), san Sebastiano (20 gennaio) e dei Santi Ermacora e Fortunato (12 luglio).

Descrizione


La chiesa detta anche di San Frean, si trova sulla sponda est del torrente Cimoliana, e dà il nome all’omonima frazione di Cimolais.
C’è da dire che il culto del Santo trova giustificazione dal fatto che in queste valli gli incendi erano frequenti e disastrosi. Sino al 1931, infatti, molte case avevano i tetti in scandole o in paglia ed accanto ad esse si trovavano stalle e fienili. Quando scoppiava un incendio la popolazione veniva allarmata con il suono della “sciampana medhana” o “sciampana del fouc”.

L’edificio è una tipica chiesa campestre, succursale della pieve di Cimolais. L’epoca di costruzione risale alla metà del Seicento, forse su un nucleo edilizio anteriore. Essa venne rimaneggiata radicalmente nella prima metà dell’800 (1828?) e restaurata nel 1982.

Costruzione con aula rettangolare con soffitto piatto in calce; presbiterio quadrato soffittato. All’esterno, a ridosso dei due muri laterali, vi sono due piccoli portici a tetto spiovente. I due portici sono chiusi posteriormente da due avancorpi uscenti dalla metà della parete dell’abside (cappelle laterali) Sotto il portico della parete rivolta verso il paese, si apre una nicchia, affrescata nel XVII secolo, che rappresenta San Floriano sullo sfondo di un paesaggio rurale.

Facciata liscia con un occhio al centro del frontone, una finestra rettangolare a metà altezza, fra l’occhio e la porta che è rettangolare fra due finestre. Il tetto è fortemente sporgente sulla facciata, assai meno sui fianchi.
Nel presbiterio vi è un altare in legno del XVII secolo. la pala in esso contenuta non è quella originale. Il dipinto, eseguito in questo secolo, rappresenta San Floriano nell’atto di spegnere il fuoco con l’ampolla e San Eramcora, Vescovo, rivolto verso la Madonna. La tela è interessante perché ai piedi del Santo riproduce il paesaggio locale con la chiesa in una fase precedente a quella attuale.
L’altare minore posto nella cappella di sinistra risale al XVII secolo. La pala  in esso contenuta, opera di E. Manfrin, raffigura san Ermacora Vescovo rivolto verso la madonna della misericordia, e San Fortunato. Questi Santi sono un esplicito richiamo all’antica appartenenza di Cimolais alla diocesi di Udine.
L’altare minore posto nella cappella di destra è un’opera del XVIII secolo. La pala, restaurata da Modolo, raffigura Santa Apollonia al centro con san Sebastiano e San Valentino rivolti verso la Trinità. Sullo sfondo si vede un lago che richiama quello che c’era in fondo alla Val Cimoliana, in località Meluzzo.
I banchi disposti in doppia fila lungo la navata, provengono dalla chiesa parrocchiale. quelli di testa sono interessati perché provvisti di due fori che un tempo dovevano sostenere le lanterne per l’illuminazione.

San Giovanni (San Duane)

Luogo: Incrocio Via C. Battisti – Via Roma

Descrizione

La chiesa aveva le stesse dimensioni di quella di San Floriano. Fu demolita nel 1945, forse perché era troppo costoso il restauro o forse per facilitare la viabilità. La chiesa infatti era situata proprio sull’incrocio delle due vie.

Cenno Storico

La posizione della chiesetta e il culto praticato ci fa pensare ad un tempio molto antico, forse paleoveneto. I Veneti avevano costruito luoghi di culto (=luoghi dove andare a pregare) e santuari (=templi dedicati alle divinità), sparsi in tutto il territorio da loro abitato. Sia i luoghi di culto che i santuari erano sempre all’aperto, in ampi prati oppure nei boschi sacri. Essi erano sempre situati all’esterno delle zone abitate, vicino ai corsi d’acqua, a piccoli laghetti, alle fonti o alle sorgenti dei fiumi. Là i Veneti antichi andavano a compiere riti e a offrire doni per chiedere la protezione degli dei.

Il popolo paleoveneto, chiamato Veneti dai Romani e Heneti dai Greci, sembra sia giunto in questo territorio provenendo dal medio oriente. Si narra che veniva dalla Paflagonia, una regione dell’Asia Minore (attuale Turchia) compresa tra la Bitinia ed il Mar Nero. Come mai essi lasciarono il loro territorio d’origine? Probabilmente a causa di una ribellione un forte numero di Veneti, guidato dal re Pilemene, fuggì alla ricerca di nuovi territori nei quali potersi insediare. Proprio in quegli anni però infuriava la guerra di Troia. Tito Livio racconta che essi giunsero nella zona in cui si combatteva la guerra e si schierarono a fianco dei Troiani, i quali, poi, furono sconfitti. Allora vari gruppi Troiani e i Veneti superstiti fuggirono, guidati dal principe troiano Antenore. Superato con una flotta il mare Egeo, risalirono l’Adriatico fino a gettare le ancore in un punto della costa a nord delle foci del Po e dell’Adige. I Veneti si sono stabiliti in un territorio molto esteso che corrisponde all’incirca alle attuali Tre Venezie: Trentino-Alto-Adige, Veneto, Friuli-Venezia-Giulia. La civiltà dei Veneti antichi durò circa mille anni. Iniziò tra il X e il IX secolo a.C. (=avanti Cristo) e terminò nel II secolo a.C. quando avvenne la romanizzazione.

La Meda  

località:  incrocio via Roma Via Mazzini Via V. Emanuele 

descrizione:

Sacello votivo a quattro lati ; non si conoscono le rappresentazioni sacre. Inizialmente tetto in paglia spiovente con croce alla sommità  (disegno del Monti) e successivamente in pietra con cornice,  poggiato su  basamento, sempre in pietra;  alla sommità una croce.  Accurata anche la costruzione degli altari ai lati con riquadro e davanzale.  Demolito fine anni ’40 per migliorare la viabilità. 

San Giovanni Nepomucemo : Chiesetta Alpina

Luogo: Colle

Anno di costruzione :  1945-1946

Proprietà : Parrocchia Santa Maria Maggiore

Motivo della costruzione: voto

Devozione: Madonna di Lourdes, San Giovanni Battista, Giovanni Nepumuceno e Giovanni Bosco

Celebrazioni tradizionali: SS: Messa e rosario domeniche di maggio

Descrizione

L’11 agosto 1946 vescovo Vittorio d’Alessi benediva la “chiesetta alpina” sul colle prospicente il paese, dedicata alla Madonna di Lourdes e ai santi Giovanni Battista, Giovanni Nepomuceno e Giovanni Bosco; il tempietto è stato costruito per unanime volontà e col concorso della popolazione in seguito al voto emesso durante l’occupazione tedesca del 1943-1945, quando il paese era stato minacciato di incendio per rappresaglia contro i partigiani che operavano nella zona.

Aula rettangolare con soffitto in legno di leggeri mattoni, cassettoni (dipinti). Muratura; sassi; copertura: coppi.  Presbiterio quadrato, soffitto a crociera. Portico a sinistra dell’aula come nave laterale davanti e uno spiovente aperto davanti. Campanile: torretta quadrata, sulla sinistra dell’aula oltre il portico,  cuspide a piramide quadrata. Sacrestia a sinistra sotto il campanile. Facciata liscia con inquadratura in cotto. Finestre in facciata: due finestrone, inquadrati in cotto. Quattro finestrelle sotto il portico. Un finestrone sotto il portico. Altare maggiore: mensa in marmo più trittico in legno con tre dipinti. Altari laterali: grotta di Lourdes a desta. Pitture: il Trittico (santi Giovanni Battista, Giovanni Nepomuceno e Giovanni Bosco) Sculture : Madonna di Lourdes e Bernardette.

Nel cortile prospicente sono poste le due bombe sganciate nel fiume anziché sul paese da un bombardiere tedesco.

I cimoliani raccontano

Spatuzza Anna Maria “io ricordo solo la costruzione della chiesetta alpina perché avevo solo 5-6 anni. E’ stata costruita per un voto. Il paese era stato preso dai tedeschi che minacciavano di bruciarlo se non trovavano tutti gli uomini che erano nascosti in montagna. In paese, infatti, c’erano solo donne e bambini. A questo ultimatum ritornarono gli uomini che furono rinchiusi in chiesa (la parrocchiale) per essere riportati. La mattina dopo arrivò il capo delle SS, ordinò di liberare gli uomini perché gli  abitanti erano stati sempre molto disponibili nei loro confronti. Per questo alla fine della guerra fu eretta la chiesetta. Tutta la popolazione (allora erano in tanti)  contribuì alla costruzione. Gli uomini con gli attrezzi pesanti, le donne portando l’acqua con i secchi (portati in spalla con un bastone che non ricordo il nome). Noi bambini portavamo l’acqua nei secchielli piccoli, quelli per portare il latte. Mio papà (Spatuzza) ha contribuito costruendo con un amico ( detto Santurane) la cornice in legno del quadro sull’altare.

Olga BressaSi si tutto questo lo ricordo anch’io Annamaria è una mia coscritta (1940). Gli uomini costruivano,  le donne portavano su i mattoni,  noi bambine e bambini si portava su quello che si poteva; ricordo che è  stato un ringraziamento per la guerra eravamo piccoli ma queste cose ci sono rimaste impresse. Mi ricordo che nel mese di  maggio nella chiesetta alpina i scolari, assieme al parroco,  andavamo a messa;  ogni bambino scriveva una lettera esprimendo un desiderio;  finita la messa il parroco metteva le letterine in braciere e dava fuoco in modo che i desideri andassero in cielo e fossero esauditi.

Tiziana Protti  “Anche mia madre ricorda bene l’episodio del rastrellamento dei tedeschi. In quella circostanza, altri quattro paesani, tra i quali mio padre, Stiefen de Titut, uno della casa dei Meo e un altro, vennero arrestati di ritorno dai lavori nei boschi e presentandosi vestiti con tabarri, avendo i capelli più lunghi del consueto, furono sospettati di essere i partigiani, ai quali davano la caccia. I quattro vennero imprigionati nelle aule delle scuole, al piano superiore, separati da quelli in chiesa, per distinguerli dagli altri. I quattro cercavano di attirare l’attenzione dei paesani, battevano sui vetri e chiedevano di essere aiutati. Così mia madre corse a chiamare sua madre che stava macinando la farina, e che non si dimostrò subito d’accordo per intervenire. Ci pensò mia madre a convincerla, promettendole tutto il suo aiuto per terminare il lavoro che stava facendo. Fu così che mia nonna andò a parlare con gli ufficiali tedeschi, lei parlava benissimo il tedesco, perché era cresciuta in Germania, fino all’età di 14 anni.

Riusci a convincere i soldati tedeschi che anche questi prigionieri erano come gli altri, solo semplici lavoratori e così ottennero lo stesso trattamento di tutti gli altri e vennero di seguito liberati”

Le anime del purgatorio – Le aneme

Luogo: Strada statale verso il passo San’Osvaldo

Descrizione

Rifacimento recente su basamento antico. Muri in sassi, aula rettangolare. Tetto semiovale con spioventi esterni ( singolare la struttura del tetto che non si ritrova in nessun’altra costruzione di Cimolais). Porta sul fronte con piccola finestra sopra la porta. Altare in fondo a ovest. Quadri ed immagini della Madonna. 

Cenno Storico

Il ritrovamento di due urne cinerarie venetiche ci fa pensare che la chiesetta fosse stata costruita dai Venetici. Fin dalle epoche più remote, infatti, accanto e al dì sotto degli dèi erano venerati anche gli spiriti dei morti (i lari nel mondo romano) e degli eroi. Le pratiche funerarie, i sacrifici di cavalli, i riti in onore degli uccelli , che erano ritenuti sede delle anime dei morti, sono elementi che attestano quanto fosse radicata presso i Veneti la credenza dell’immortalità dell’anima e nelle capacità di operare da parte degli spiriti . Successivamente con l’avvento del cattolicesimo i templi dedicati alla venerazione dei defunti furono trasformati in altri culti. Permane, però, in questo caso il culto dei morti, non presente nella religione cristiana.

Le Crositte

Luogo: Strada statale verso il passo San’Osvaldo

Anno di costruzione : XIX secolo

Costruttore : Bressa Epifanio

Proprietari : Bressa Maria e Giuseppe

Motivo della costruzione: voto

Devozione: Maria ausiliatrice

Celebrazioni tradizionali: 24 maggio

Descrizione

Costruzione del XIX secolo restaurata più volte. Aula rettangolare con soffitto a botte. Presibiterio: unico vano. Facciata piatta con inquadratura originale. Porta principale senza inquadratura con lunetta gotica cieca. Finestre di facciata : due bifore strette a tutto tondo. Finestre dell’aula: due bifore con colonnine. Altare maggiore: mensa in pietra con statuetta della Vergine. Muratura in sassi. Copertura:  cotto.

Dalla ricerca di Don Pio della Valentina

La costruzione è salita a metà della salita del Pezzei. La scelta del luogo ha una sua ragione. In passato esisteva un piccolo capitello un po’ più sotto, lungo la vecchia mulattiera, denominata “la strada del Signour”, in quanto vi si trova su un sasso un’impronta, attribuita, nella tradizione popolare, al passaggio del Signore. Il capitello misurava  circa 2x 1,50 metri e nonna Rosa Protti “menegon” ricordava che il tetto della facciata sporgeva tanto da riparare dalla pioggia 4-5 persone. Nel 1984 fu costruita la nuova strada di collegamento fra Cimolais ed Erto e Casso. Per la costruzione furono obbligati  tutti i maschi dai 18 ai 60 anni a prestare lavoro gratuito per 8 giornate annuali. Nel 1928-29 don Luigi Tonegutti assieme all’amico Natale Bressa “Nadalut”  e coadiuvato da manodopera gratuita della Vergine. Purtroppo negli anni ’60 l’Ausiliatrice subì una profanazione; fu forzata la porta e rubarono la tela. Costernato, ma non vinto, Don Luigi provvide a far eseguire a Torino una riproduzione della Vergine in marmo, dell’altezza di cm. 70. La statua non si trova più sull’altare; la figlia di Natale Bressa, ritenne opportuno asportarla in seguito ad altre forzature e furti, tra cui un inginocchiatoio, che non aveva altro pregio che quello di essere dipinto.

Le tre croci. La chiesetta è detta “delle crositte” perché vi erano piantate tre croci di legno. E’ noto che in montagna tali croci segnano una morte per incidenti. In effetti due di esse ricordano la morte di due donne cadute dallo strapiombo del monte sovrastante. La prima, andando per fieno, era scivolata; l’amica le offrì come appiglio il rastrello, ma scivolò anch’essa. La terza croce ricordava la caduta mortale, nello stesso luogo, di Marchesin Osvaldo, scivolato nel tentativo di trattenere una capra.

I cimoliani raccontano

Maria Bressa “Nadalut” :  La chiesetta è stata costruita da mio padre, insieme a Don Luigi, negli anni ’30; non mi ricordo esattamente quando, forse prima che io nascessi; mio papà era molto devoto di Don Bosco ed ha acquistato la statua della Madonna Ausiliatrice a Torino; conservo ancora la stola che veniva utilizzata per le celebrazioni.

Sant’Osvaldo – Sant Svalt

Località : Passo Sant’Osvaldo

Anno di costruzione : ante 1607 – rimaneggiata nel 1945

Motivo della costruzione: Santi Pietro e Paolo, Sant’Osvaldo

Devozione: Maria ausiliatrice

Celebrazioni tradizionali: 29 giugno

Descrizione

La chiesa detta anche di San Svalt sorge su un’antichissima frana caduta in fronte al Monte Cornetto.

Cornetto.

Della chiesetta abbiamo una notizia risalente al 1607 quando l’abbazia di Sesto al Reghena aveva dovuto accettare lo smembramento di Claut dalla matrice di Cimolais. L’abate in carica negli anni in cui si discuteva la causa di separazione non avrebbe voluto che anche Erto si staccasse dalla Pieve di Santa Maria. Per contestare la fondatezza delle difficoltà rappresentate dagli ertani, l’abate si recò da Cimolais, dove aveva una residenza, fino ad Erto , descrivendone poi il tragitto nel modo seguente:

.. si partì da Cimolais per andar alla visita di esso loco di Ert ascendendo alquanto per via larga e graciosa, et arrivato alla chiesiola campestre nominata la chiesa di San Sgualdo et a quella discendendo alquanto per un tiro di arcobuso in circa arrivando al prato chiamato Pian di Fratte  largo e spacioso…”


La costruzione così come ora la vediamo fu edificata nel dopoguerra su un nucleo edilizio anteriore. La chiesa con il tetto a capanna si trova una posizione sopraelevata rispetto alla strada. Ad essa vi si accede attraverso una ripida scalinata che conduce al portico. Quest’ultimo è il prosieguo del tetto dell’aula ed è sostenuto ai lati da una coppia di pesanti pilastri. Facciata liscia. Porta principale architravata. Finestre rettangolari in facciata, semicircolari sul fianco sinistro.  L’altare maggiore in muratura impreziosito da una pala dipinta nel 1968 da Giuseppe Modolo. L’opera raffigura San Pietro nell’atto di rivolgersi verso i fedeli e Sant’Osvaldo, re di Ungheria (erroneamente dipinto con la mitra vescovile) che si rivolge verso Cristo posto in alto. Lo sfondo riproduce il paesaggio del luogo.
Il 29 giugno, in occasione dei Santi Pietro e Paolo Apostoli, si usa tuttora celebrare la Santa Messa.

Sacelli votivi

Ponte Lesca

Località : Val Cimoliana

Anno di costruzione 1970 circa

Costruttore Fabris Giobatta

Sant’Antonio della Valle

Località : Val Cimoliana

Anno di costruzione 1950 circa

Costruttore Furlan Bortolo

Proprietario : Furlan Aldo

Motivo della costruzione:  voto

I cimoliani raccontano

Furlan Aldo: Mio nonno non era un credente, non andava spesso in chiesa però aveva una particolare devozione a Sant’Antonio. Negli anni ’50 in Val Cimoliana c’era una cava di sassi dove lavorava anche mio nonno. Veniva usata spesso la dinamite ed un giorno mio nonno, non avendo sentito l’avvertimento, si trovò proprio sotto i massi fatti cadere dall’esplosivo. Miracolosamente ne uscì indenne e fece il voto di costruire un capitello a Sant’Antonio. Alla sua morte lascio in eredità a me – suo amatissimo nipote – il capitello.

Sant’Antonio in Bresin

Località : Bresin – Val Cimoliana

Anno di costruzione 1922

Costruttore: Vedova Oliva

Proprietario : Morossi Antonio

Motivo della costruzione:  voto

Celebrazioni tradizionali: 13 giugno – Sant’Antonio

Devozione: S. Antonio Abate, Sant’Antonio da Padova, SS. Trinità

I cimoliani raccontano

Morossi Antonio “Tonit” :“il capitello votivo di Bresin, dedicato alla SS. Trinità a Sant’Antonio Abate è stato inaugurato nel 1922 e fu eretto da mia nonna Vedova Oliva a ringraziamento per essere riuscita a superare una molto grave difficoltà. Infatti mio nonno, suo marito, era all’ospedale con una grave malattia che poi lo ha portato alla tomba, quindi mia nonna si trovò sola con una bambina di sette anni (mai madre) e un’altra che doveva ancora nascere. L’Ospedale che aveva ricoverato mio nonno a tutela e garanzia del suo credito aveva ipotecato tutti i suoi beni. Dopo pochi mesi dalla nascita della seconda bambina ed allo scopo di poter far fronte ai propri impegni verso l’ospedale, decise di partire col carretto e le due bambine, una con una cordicella di traino e l’altra ancora in fasce. Certamente una decisione non facile. Le  donne del paese la sconsigliarono…”muore la bambina così piccola in giro per il mondo ….” Pur apprezzando le raccomandazioni, ma ignorandole per l’assoluta necessità, rispose loro che cimiteri ce n’erano dappertutto e, con ferma determinazione, partì. Dopo aver pagato il suo debito cominciò a raccogliere i sassi della “grava” e costruì il capitello. I suoi eredi, certo con molte minori fatiche, lo ristrutturarono e completarono.

Sacra  Famiglia

Località : Colonia San Salvatore

Anno di costruzione:  1970

Costruttore Don Pio della Valentina

Proprietario :  Curia Pordenone 

Madonna di Fatima

Località : Via Pielli (Casa Riposo)

Anno di costruzione:  2009

Costruttore:  Comune di Cimolais

Proprietario :  Comune di Cimolais  

Capitello Tonegutti “Gioni”

Località : Incrocio Via C. Battisti – Via Pielli

Anno di costruzione XVII sec.

Costruttore : fam. Tonegutti (Gioni)

Proprietario : fam. Tonegutti (Gioni)

Devozione: Cuore immacolato di Maria

Descrizione:

Sito in Via C. Battisti all’inizio della salita della Chiesetta Alpina, è dedicato al Cuore Immacolato di Maria.

Dalla ricerca di Don Pio della Valentina

La costruzione è stata realizzata da Tonegutti Spiridione. Lo ereditò il figlio Nicolò, padre di 4 maschi e 2 femmine. Alla sua morte i fratelli discussero su chi avrebbe ereditato il capitello. Il Figlio Luigi osservò che spettava a lui, erede della casa paterna; però i fratelli avrebbero dovuto intervenire con una sovvenzione per l’acquisto dell’olio della lucerna , che doveva restare accesa alla vigilia della sera di ogni domenica e festa. L’acquisto dell’oilio costituiva un problema a quei tempi! Se non che il fratello Spiridione dichiarò che, avendo la casa vicina al capitello, lo avrebbe preso in consegna provvedendo all’olio e alla manutenzione. Spiridione fu particolarmente attaccato al suo capitello, Sentendosi vecchio pensò al futuro vendendo l’ultima mucca e tenendone in disparte il ricavato. Quando morì (1964) lasciò ai suoi nove figli nove chiavi, una per ciascuno, e destinò il ricavato della mucca al restauro del capitello. I figli assecondarono subito il desiderio del padre e, nel 1965, provvidero al restauro impegnando la somma complessiva di L. 600 mila.

Capitello Protti “Uta e Peta”

Località :  Via C. Battisti

Anno di costruzione : inizio ‘800

Costruttore : Protti Giuseppe, Protti Maurizio , Protti Silvio

Proprietario : Fm. Protti

I cimoliani raccontano

Luciana Protti,: Il capitello è stato fatto dalla famiglia Protti “UTA” e “PETA”;  erano tre fratelli, da loro sono discese: la mia famiglia, quella di Protti Giuseppe “UTA”, la famiglia di Maurizio “de Peta” e la famiglia di Protti Silvio “BACO”, papà di Sandrino e Giovanna. 

Dicevano che era una famiglia benestante in quei tempi (fine ‘800 – inizio ‘900) e costruirono il capitello poiché molto devoti;  le donne della famiglia si riunivano in preghiera sia nei momenti difficili della vita come guerre o carestie, che quotidianamente.

Il capitello è stato totalmente ristrutturato da Protti Giuseppe “UTA” nel 2006 e la scritta all’interno è stata fatta da suo fratello Domenico nel 1980. Il crocifisso è stato donato da Protti Giovanni padre di Protti Silvio e nonno di Protti Sandrino e Protti Giovanna.

Il capitello dalla sua costruzione è stato  luogo di preghiera per i cimoliani e turisti. Ancora ‘oggi, anche gente di passaggio, si ferma o per un semplice segno della croce o per una preghiera.

Capitello Bressa “Rosso”

Località : Via C. Battisti

Costruttore : fam.  Bressa (Rosso)

Proprietario : fam. Bressa (Rosso)

Devozione “Immacolata”

Dalla ricerca di Don Pio della Valentina

Il capitello si trova in Via C. Battisti, è dedicato . E’ di proprietà degli eredi di Bressa Maria fu Giuseppe. I ricordi arrivano fino al nonno Natale.

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